Tartufo e addetti ai lavori: il lagotto romagnolo
Da Redazione
Giugno 27, 2018
Se dovesse mai capitarvi di entrare in un’azienda specializzata nella selezione e spedizione di tartufo italiano, la prima cosa che notereste, prima ancora di rendervi conto di dove vi trovate, sarebbe l’aroma forte e intenso del tartufo.
Rimarreste incantati dalle decine di chili di tartufo bianco pregiato che vengono accuratamente selezionati dal personale addetto.
Vi siete mai chiesti come si trova il tartufo?
Il tartufo è parte della terra ed è l’unico prodotto al mondo che si sviluppa spontaneamente nel sottobosco e il fatto che occorra il naso di un cane per trovarlo, lo rende ancora più speciale.
Il tartufo è un sogno: è in grado di conferire, nella semplicità e nell’allegria di un cane, lustro ed eleganza all’insegna di un ristorante o al curriculum di uno chef, gioia e orgoglio al cavatore amatoriale, pregio e professionalità a un’azienda di tartufi.
Parlando di cani da tartufo, l’unica razza canina riconosciuta dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana come “specializzata” nella ricerca del prezioso tubero è senza dubbio lui, il Lagotto Romagnolo.
Per evitare di alterare gli animi dei cavatori che preferiscono altre razze o incroci rispetto al Lagotto, scelte del tutto personali su cui non intendiamo sindacare, precisiamo da subito che ci limiteremo semplicemente a riportare le caratteristiche strutturali e caratteriali di tale razza, sia in famiglia che al lavoro, mettendolo a confronto da questo punto di vista con altre razze canine o incroci, basandoci sull’esperienza documentataci dalle nostre squadre di cavatori.
Lagotto Romagnolo: il signore di campagna
Il lagotto romagnolo si presenta di struttura medio piccola, molto ben proporzionata e fortemente sviluppata, la cui caratteristica principale è quella di essere ricoperto da pelo riccio con incurvatura ad anello e sottopelo lanoso, che gli permettono di essere praticamente insensibile al freddo e all’umidità.
A questo proposito è d’uopo ricordare che il lagotto fonda le proprie radici nelle campagne romagnole e delle valli comacchiesi, come cane da recupero di prede in acqua.
Anche da tosato, il lagotto romagnolo si prestava particolarmente alle immersioni in acque gelide per il recupero di volatili abbattuti dai “vallaroli”, pittoreschi personaggi della campagna e palude comacchiese specializzati nella caccia alle folaghe e ad altri volatili. In questo frangente il lagotto romagnolo inizia pian piano a specializzarsi anche come cane da “allarme”, in quanto impiegato nella guardia ai casolari di campagna, caratteristica, quella dell’allarme, che tuttora si riscontra negli esemplari più puri dal punto di vista dello standard caratteriale.
La quasi totale assenza della selvaggina, la bonifica delle paludi e l’inasprimento della legge sulla caccia, hanno portato i “vallaroli” a specializzarsi nella cerca del prezioso tubero, impiegando il lagotto romagnolo come unico ausiliario, considerato l’innato istinto alla cerca del tartufo che ha reso questa razza, nel corso degli anni e con l’importante selezione da parte dell’uomo, ad essere un cane facilmente addestrabile a tale scopo sin da cucciolo.
Per addestrare un cane “qualsiasi” alla cerca del tartufo possono occorrere anche 4-5 anni senza garanzia di ottenere i risultati raggiunti con un lagotto di 18 mesi.
Caratterialmente il lagotto, quello vero, è “un gran signore”: a lui va bene tutto, dalle coccole dei bambini più irrequieti ai lunghi viaggi in macchina, al riporto (in acqua o in giardino) della pallina dietro alla quale è capace di correre per ore senza mai stancarsi, ma resta un cane “educato”: mai aggressivo, mai stancante, mai mordace, silenzioso.
Se avete un lagotto in casa e abbaia nel cuore della notte, state pur tranquilli: ci sono i ladri in casa.
I nostri cavatori ci documentano che alcuni dei loro lagotti romagnoli abbiano abbaiato solo quattro volte in tre anni e tutte le circostanze in cui il cane ha abbaiato sono riconducibili ad una situazione di pericolo imminente: vipere, cinghiali, lupi.
Il lagotto cerca i tartufi non per il bocconcino che il conduttore gli dà per premiarlo, non perché affamato da giorni di digiuno (questa cosa dovrebbero incidersela bene in mente alcuni cavatori “vecchio stampo”) ma semplicemente perché è il suo lavoro: il vero Doctor Jekyll e Mr Hyde del tartufo, capace di dormire per ore sul divano davanti alla TV ma in grado di lavorare per ore, in montagna o in pineta, senza mai stancarsi, indipendentemente dal fitto strato di neve o dalle temperature polari, al solo scopo di gioire insieme al conduttore del gustosissimo e pregiato ritrovamento.
Ovviamente, il lagotto romagnolo mal si presta alla cerca del tartufo nel periodo primavera-estate: oltre a non sopportare volentieri i caldi estivi, il pelo fitto e ricciuto del lagotto lo porterebbe ad essere letteralmente sommerso dei fastidiosi “forasacchi” o dalle tanto temute spine che facilmente si trovano nelle pinete di sabbia, che porterebbero il cane ad avere difficoltà nel camminare e lavorare correttamente, anche se tosato.
In questo caso a fare la differenza potrebbe essere un buon Bracco Italiano o un buon Pointer: più alti e veloci del lagotto romagnolo che, essendo dotato di fiuto “profondo”, in grado cioè di scovare tartufi anche diverse decine di centimetri sotto terra, è destinato ad essere più lento rispetto ai braccoidi, dal fiuto lungo (tartufi in superficie) e più veloci (più stancanti per il conduttore), ma senza dubbio dal pelo liscio e non lungo che rende la giornata di lavoro più sicura dal punto di vista delle spine e dei forasacchi.
Se in primavera-estate il lagotto, pur essendo l’esperto del settore, resta nelle retrovie rispetto ai braccoidi, agli Springer Spaniel, ai Cocker o ai Jack Russell, nel periodo autunno-inverno non ce n’è per nessuno: il lagotto si afferma come leader indiscusso.
Cerca lenta e continua, fiuto profondo, forza da vendere nell’escavazione, insieme ad un buon conduttore, potrebbe sicuramente dare molte soddisfazioni nella cerca del tanto ambito e raro Tuber Magnatum Pico.
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